domenica 22 marzo 2009

Lettura consigliata: Quanta nostalgia...

"Quanta Nostalgia" racconta le storie vere di immigrati italiani sbarcati nella mia citta, molto comuni a tante anime, che hanno lasciatto la propria amata terra..."
Antonia Russo


PROLOGO
E il mio sogno portare a tutti gli emigrati questo mensaggio di amore per loro ..per dire un po a ogni uno che noi,i figli sappiamo delle sue lacrime,sue nostalgie e pensieri...

Quando ero molto piccola ascoltavo le canzoni napoletane che i miei genitori mettevano in quel giradischi “winco”, canticchiandole accoratamente, e molti temi, molte parole, restarono incise a fuoco nel mio cuore.
Però, specialmente una, è quella che ha ispirato il titolo di questo libro, il cui ritornello canta cosí: “quanta tristezza / quanta nostalgia / era il ricordo dell’Italia mia…

Quella nostalgia che scaturiva dalle labbra di mia nonna, quando raccontava episodi della sua infanzia e dell’adolescenza, davanti agli occhi sbigottiti di mia madre alla quale insegnava ad ammassare la pasta per la domenica, dalla voce rauca di mio padre quando ci raccontava di come era stato prigioniero dei nazisti e poté scappare saltando dal camion facendosi passare per morto.

Queste cose, questi sentimenti, hanno marcato profondamente il mio spirito e portato, nel corso della vita, quell’impronta meravigliosa di nostalgia e d’amore per la “terra lontana”, per la patria perduta. Quando potei, quando ebbi l’opportunità, posi le mie mani e soprattutto il mio cuore nel lavorare per essi, gli immigranti, coloro che un giorno lasciarono la loro terra e vennero con le proprie pene affiancate dai sogni, qui nel nostro paese, per regalarci la loro dignità, il loro lavoro, la loro vita.

La mia anima ebbe opportunità meravigliose regalatemi dalla vita, nell’avvicinarmi a queste stupende persone che ammiro: per le quali, quasi nell’adolescenza, ho partecipato al gruppo che collocò nel suo trono “La Madonna della Macchia”, patrona del paese di BUONALBERGO, da dove venne mia madre, orgoglio ancora di tutti i concittadini che si unirono per venerarla. Potei aiutare anche, in quell’epoca, Maria Antonietta, incaricata di gestire il giubilato e gli aiuti sociali del Patronato ACLI, quando i miei nonnini mi regalarono quei baci e quelle mani che mi strinsero forte e affettuosamente.

La vita mi ha accompagnato concedendomi esperienze, affetti e quella magia che mi ha avvicinato ad essi e farmi sentire come miei i loro costumi. Cominciai ad ascoltare storie, a dividire ciarle e caffè con molti di essi che in allegria, nostalgia ed a volte con un poco di tristezza, quando mi raccontavano episodi della loro vita, che talvolta restavano dimenticati, perduti, però che al ricordarli, piú di una volta lasciavano cadere lacrime dai loro occhi e dai miei.

Quasi simultaneamente con questo, ebbi un regalo meraviglioso, unico, speciale: far parte di un gruppo di anziani che tornavano alla propria terra italiana, molti di essi, per la prima volta.

È difficile esprimere con parole quello che vidi, quello che sentii, giacché le emozioni si amalgamavano come un’arcobaleno trasparente: da un lato vederli tornare bambini, tornare a sentire gli aromi, i sapori e colori della propria terra, in un’estasi di felicità che zampillava a borbottii dai loro occhi che ansiavano di vedere di nuovo, ammirare le immagini, e le loro mani infaticabili che toccavano ogni angolo, i loro cuori che scoppiavano d’allegria e le loro voci magiche e musicali ogni volta che si riunivano. E nell’altro lato, c’erano la mia anima, il mio cuore, il mio scoramento, nell’essere lí, toccando le pareti della casa di mia madre, salendo le stesse scalinate che da piccola videro i suoi giuochi. Conoscere il campo dei miei nonni, dove giuocava mio padre, il cimitero, dove si nascondevano ogni volta che c’era il bombardamento nella Seconda Guerra Mondiale…Camminare sugli stessi sentieri, seguire le orme, vedere la luna gigante di Caserta, godere di quel mare caldo di Capri.

Loro, gli emigranti, regalarono amore alla mia vita, alla mia anima, ed è per questo che oggi desidero dal piú profondo del mio essere rendere questo semplice omaggio a tutti ed a ognuno degli uomini e delle donne che un giorno dissero “addio” o “arrivederci” al loro suolo, alla loro patria, diretti per non si sa dove, spinti dal soffio degli angeli o dei destini. E giunsero qui, spaesati, nella nostra terra tanto amata, che ora anch’essi amano, e la ossequiano con le loro vite, piantando in essa il seme del loro amore attraverso i figli nati in Argentina.

Io, un piccolo seme, uno dei tanti, nella storia della mia vita che fa parte di questo libro, desidero avvalorare e innalzare la nostalgia e lo sforzo di tutte le loro anime.

SOGNI FRA LACRIME CAFFÈ E RICORDI

Da quella prima volta che scrissi la Storia delle Vergine del Bosco, quando apparve a una bambina muta nel paese di BUONALBERGO, dicendole di andare a dire a tutti che le era apparsa una Splendida Signora, senza nessun dubbio e con molta fede, corse a dirlo a tutti, e nel farlo, riacquistò la parola. Oggi, momento in cui rievoco storie di vite, sono passati piú di Venti anni.

Nel frattempo, la mia peregrinazione ha fatto girare la ruota infinitamente, portandomi le allegrie e le pene che ad ogni essere umano tocca avere, e se faccio un bilancio, devo ringraziare per le tante cose, i momenti e i sogni, come questo, che sgorgò in una notte d’aprile, nell’insonnia che divenne magica.
Del sentire nostalgia e sradicamento, qualcosa so, qualcosa che m’insegnò il destino, poiché alla pari di tutte le anime, dovetti lasciare il mio quartiere, i miei amici, le mie cose…

In quel momento, piú si fece carne in me il desiderio di saperne di piú, di cercare cosa sentirono essi nel lasciare la propria terra d’origine, il paese natale, molto piú lontani dai miei scarsi duecento kilometri. E fui felice, paga, nel poter conoscerli e udire dalle loro bocche le pene e le allegrie, dividere le loro lacrime e le loro risa, fra ricordi e nostalgie.

Abbiamo qualcosa in comune: la terra, la benedetta terra argentina che ci aveva ricevuto, che ci aveva aquietato i nostri cuori addolorati, cosí come noi li alimentammo con pianti, sogni e sorrisi, essa ci restuisce oggi i frutti.

Agli immigranti, il paese che li accolse con le braccia aperte, accettando il loro lavoro, vite, sforzi, compensandoli con l’amore, famiglie, figli e buoni risultati, nell’offerta delle loro vite. A me San Nicolás mi adottò come una figlia in piú, una che apprese ad amarla, valorizzarla e conoscere la sua gente, le sue vie, odori e colori, resdtituendomi con la felicità le mie prime angustie.

E a proposito di questo, è verità quello che dicono i nostri fratelli del nord, che a “la pacha mama” (la madre terra), bisogna invitarla con le nostre cose, perché essa a sua volta, ci restituisca i suoi regali.

So molto bene che in questa terra si depositarono angustie e sofferenze, però le sue mani sempre tese, accettarono e confortarono quei sentimenti restituendo a ognuno degli uomini e donne che affidarono ad essa la fecondità del proprio humus, facendo germinare e rifiorire i semi in ogni angolo della nostra patria.

Di tutte queste vicende, sono rimaste incise nella mia anima delle sensazioni infinite: udii il sibilio orribile delle bombe e degli spari, il pianto dei bambini che rimasero orfani, le grida delle madri che si sentirono abbandonate, le sirene dei bastimenti e il canto delle rise nei reincontri, Vidi l’oscurità delle notti desolate, illuminate solo con il tremolio delle stelle e il fumo, lí in lontananza…anche il sole delle diverse mattinate nella nuova terra. Vidi giungere illusioni dal vasto mare ancorarsi sulla riva della pace.

Setii l’odore aspro della polvere bruciata, il fetore del cibo guasto ed il sangue secco…Sentii anche l’aroma del pane appena sfornato, il profumo della pelle amata e un fiore di benvenuto.

Partecipai alle angustie, opprimendo i loro petti e nuotando in quel passato, ma anche, prendendo le loro mani nel ritornare a quel tempo, e vivendo insieme la pace dell’anima, la benedizione per la vita che ci ha permesso di dividere quei momenti in cui gli spiriti si uniscono vibrando con il suono di una melodia infinita del firmamento.

BIOGRAFIA
Antonia Russo
. E’ nata a Argentina nel 1958 da genitori italiani emigrati in Argentina nel 1949. Esercita attività di commerciante con l’aiuto dei suoi due figli. Da sempre ha coltivato la passione per la scrittura letteraria e per lo studio, consegundo il Diploma di Perito Mercantile e frequentando vari corsi per giornalista e per Amministrazione di piccole e grandi imprese. Fa parte dello staff della rivista Infinitamente, a San Nicolas, e da 7 anni conduce, come prima responsabile, uno speciale giornalistico alla Radio di San Nicolas. E’ vicepresidente della Famiglia Campana di San Nicolas ed è stata presidente del Rotary Club negli anni 2006 e 2007. Ha partecipato a numerose manifestazioni culturali e presentazione di libri ed ha ottenuto riconoscimenti e premi in vari concorsi letterari e di poesia.

“Partivano i bastimenti ... quante lacrime”, presentato alla VIII Fiera del Libro di San Nicolas, l’11 ottobre 2003, è un libro di interviste di persone che, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, sono emigrate in Argentina con l’illusione di trovare fortuna e migliori condizioni di vita.
Basta guardare una foto ingiallita ancora custodita nella valigia di emigrante, per tornare a ritroso con il ricordo di un tempo non molto felice, ma di cui ora, dopo tanti anni, si sente ancora la nostalgia.
Nelle storie degli emigranti intervistati riemergono vividi ricordi di emozioni, allegrie, coraggio, difficoltà di ogni genere, sofferenze, pene e soprattutto immense nostalgie per le terre e le tradizioni lasciate con il dolore nel cuore.

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