sabato 6 dicembre 2008

Il recupero della pera viteralese

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L'importanza di un lavoro quotidiano teso a cavar fuori il vero e unico "petrolio" della Calabria: la genuinità di prodotti speciali, i loro sapori, odori e colori, la salvaguardia di tradizioni ultramillenarie, la valorizzazione di esperienze gastronomiche tramandate nei secoli.



Viene ancora dalla terra il richiamo che porta la campagna “Consuma e spendi calabrese” sulle montagne dell’entroterra, in mezzo ai frutteti e agli orti di un’azienda agricola trasmessa di generazione in generazione che sia chiama “Frutti Antichi”. E torna a parlare di vere e proprie prelibatezze, la campagna lanciata per promuovere il valore di tesori nascosti e, purtroppo deperibili e spesso a rischio di estinzione, poiché il prezioso bottino che brilla al sole di montagna non è fatto di monete, ma di frutti della terra. E anche il tempo ha un valore a parte, qui. Siamo a Viterale, contrada del comune di Serrastretta (Cz), pochi chilometri sotto il Passo Condrò (1.050 m. slm), da sempre dedita all’agricoltura, alla raccolta delle castagne, all’allevamento dei maiali. Angelo Aiello si occupa di tutto, degli orti e dei suoi frutteti, e inizia in questi giorni la preparazione di un’insalata che sarà servita sulla tavole del suo agriturismo a dicembre. Proprio come si faceva una volta. Mette insieme in una damigiana, con aceto di vino e acqua, cipolle rosse, pomodori verdi, “quelli tondi buoni per fare la salsa” e pere. Ma sono pere speciali: «E’ il pero viteralese, detto anche pero saverotto (dal soprannome di colui che, probabilmente, lo innestò per primo, ndr), un albero che si trova solo qui, su questa montagna, in tutto il comprensorio ce ne saranno una ventina di piante - spiega il produttore -. E’ un frutto per sua natura biologico, respinge i trattamenti chimici, poiché il primo innesto fu fatto, all’inizio del ’900, su un pero selvatico e ha conservato questa suo “Dna selvaggio”. Il problema è che le sue produzioni non sono abbondanti ed è anche molto sensibile ai cambiamenti climatici». La pera viteralese ha un gusto dolce ed una consistenza granulosa, ma anche la colorazione e la maturazione sono particolari: «Si raccolgono quando sono ancora verdi e si lasciano a maturare nella paglia fino al raggiungimento di un colore giallo paglierino all’esterno. All’interno, invece, sono bianche e c’è una fase precisa in cui il cuore del frutto comincia a cambiare colore: in questo preciso momento il frutto dà il massimo del gusto, poi comincia a diventare come si dice nel dialetto locale “fhicatiellu”, cioè assume quella colorazione marrone che sta a significare che il frutto è passato». Quando la si mette nella damigiana la pera viteralese è ancora coperta dalla sua buccia: solo tre o quattro mesi dopo, nel mese di dicembre, nel periodo in cui in azienda si uccidono i maiali allevati dal produttore e si mangia la carne fresca, gustosissima e notoriamente grassa, si toglie il preparato dalla damigiana, lo si lava con l’acqua e si condisce per servirlo: «Quando vengono gli ospiti (solo su prenotazione, ndr) nel periodo invernale servo loro soffritto di maiale o “frittule” e l’insalata di pere viteralesi, cipolle, peperoni con l’aggiunta di fettine di mele del mio frutteto tagliate al momento, il tutto condito con un filo di olio extravergine d’oliva: un insieme eccezionale dal gusto agrodolce, si sprigiona un profumo che non può essere descritto, proprio come vuole la più semplice tradizione contadina delle nostre montagne», racconta l’appassionato produttore, che con i frutti della sua azienda agricola porta avanti l’agriturismo il “Vecchio Casale”. Pasti semplici, come quelli preparati un tempo, ma ricchi di storia, di sostanza e di lavoro alle spalle, che in passato non lasciavano mai il contadino a digiuno, anche nei periodi più duri, e di cui oggi si rischia di perdere memoria: «Ricordo mio nonno, e poi mio padre e mia madre, andare al mercato di Nicastro negli anni ’50: le pere e le mele “de ‘a muntagna” dicevano, andavano a ruba, la gente veniva apposta da Vibo, il prodotto si vendeva e chi conosceva quel frutto voleva quello e quello soltanto».
aiellopomodori.jpgOggi la storia, o forse meglio la sorte, di questi frutti e di queste produzioni sembra essere segnata da un triste epilogo, che solo la consapevolezza degli appassionati e le scelte degli amanti della terra e dei suoi tesori può cambiare: «Il consumatore può fare tanto: se richiede prodotti di qualità, chi produce continuerà a produrre qualità, altrimenti siamo destinati a sparire». Il mondo della qualità, insomma, salvato dal consumatore. E continua a raccontare delle specialità della terra e di come arrivano in tavola, Aiello: «Quando si accende il camino, d’inverno, metto a bollire le castagne che produco io stesso e le pere viteralesi: un tempo probabilmente questa pratica era dovuta al fatto di recuperare l’acqua di cottura con una sola bollitura, e castagne e pere costituivano un pasto completo. Io, dopo aver cotto i frutti, li scolo, sbuccio e taglio le pere a fettine, li cospargo del succo caramellato e li servo insieme, come dessert». E sempre a base di frutti biologici sono le marmellate di corniole che proprio in questi giorni le due signore che aiutano in cucina il produttore preparano per le crostate caserecce. Ma la passione che traspare dai racconti del titolare dell’azienda agricola si stempera poco dopo, a sera, passeggiando fra i frutteti carichi di mele antistanti la sua tenuta agrituristica: «Fa freddo, troppo freddo per essere in settembre, e ha piovuto troppo poco, questa temperatura fa male alle castagne, sarà sicuramente una cattiva annata. Già negli anni passati un chilogrammo di castagne si è venduto a 30 centesimi, quest’anno sarà anche peggio». A preoccuparlo ancora di più sono gli ortaggi che, quando superino le quantità utilizzate per l’agriturismo, il produttore vende all’ingrosso o ai mercati locali: «E’ incredibile come siano bassi i prezzi a cui riusciamo, quando riusciamo, a vendere i prodotti: durante l’estate ci sono stati giorni in cui abbiamo venduti i pomodori a 20-30 centesimi al chilogrammo, da non riuscire a ripagare nemmeno i costi di produzione. Un tempo il contadino era ricco, oggi si rischia di non riuscire ad arrivare a fine mese se non si hanno altri redditi, allora mi chiedo - continua il produttore - che cosa si vuole fare di noi piccoli agricoltori?». «Viviamo e operiamo in montagna e abbiamo prodotti buoni perché li produciamo a condizioni pedoclimatiche tali da offrire caratteristiche uniche, ma affrontiamo anche disagi e problemi unici. Le produzioni non sono elevatissime e se il clima, come quest’anno, ci danneggia, vanno perduti i raccolti. Chi dovrebbe indirizzarci, sostenerci e guidarci che cosa fa? Le banche ci stanno con il fiato sul collo e non si vive di sole sagre, c’è bisogno di meccanismi corretti, che mettano in relazione produzione e mercato e che sappiano tutelare le coltivazioni montane. Abbiamo tutti le stesse ricchezze e gli stessi problemi - continua Aiello - lo sanno le associazioni di categoria, lo sanno i politici: non se ne stiano chiusi negli uffici e vengano a vedere di che cosa ha bisogno chi vive di terra oggi, o tra qualche anno nessuno più potrà permettersi “il lusso” di fare l’agricoltore». Considerazioni, suggerimenti, indirizzi che “Consuma e spendi calabrese” costantemente ribadisce, dando voce a chi opera fra mille difficoltà, ma con determinazione, nell’attesa che qualcosa cambi, dal basso, come sta cercando di stimolare questa campagna, risvegliando la sensibilità del consumatore calabrese e la sua attenzione per la qualità; ma anche dall’alto, toccando le corde di quanti ancora credono nella politica come servizio alla comunità. «Non facciamo perdere prodotti su cui altre regioni hanno costruito ricchezze - esorta il produttore - e su cui la nostra può agire, difendendo tipicità, qualità e territorio: troviamo il modo per far sì che chi ama la terra possa restare alla terra e chi voglia consumare qualità possa ancora trovarla».

Tanti frutti preziosi, che recuperano tradizioni e sapori antichi
L’azienda agricola “Frutti Antichi” ha fatto del recupero delle tradizionali specie da frutto del luogo uno dei capisaldi della sua attività agricola. Dedica gran parte delle sue attenzioni agli innesti, tenendo conto dei consigli della luna: «E’ il calendario lunare che seguiva mio nonno a scandire ancora oggi i tempi dei raccolti e degli innesti: quando la pianta è a riposo, dormiente, cioè a gennaio, si tagliano le cosidette “marse”, l’estremità più giovane del ramo e si mettono a riposo; una volta si interravano per conservarle, oggi si mettono anche in frigorifero, e si aspetta la prima decade di marzo per innestare. ortaggiantichi.jpg“Innestamu a San Giuseppe”, si diceva in passato, perché in quel periodo la pianta si risveglia e riconosce l’innesto come suo». Insieme al pero viteralese, Aiello nei suoi frutteti raccoglie *pirajne, mele coccio, annurca *e *limocelle*, altre quattro specialità rispettivamente di pera e di mele tipiche della zona. Ma non vive, ovviamente, di sola tradizione l’agricoltore di Serrastretta, che raccoglie, a partire dai primi di ottobre, mele golden delicius, stark rosso, renette, cera e zucchero e cannella. «Le mele prodotte in montagna sono buone, non perché sono mie o perché ci passo la cera: sono migliori per il solo fatto di essere prodotte qui». Oltre alla frutta, Aiello produce ortaggi di stagione: quasi tutti impiegati nella gestione dell’agriturismo, per preparare salsa di pomodori, sottaceti, giardiniere, rimangono per la vendita esterna pomodori Belmonte, Sammarzano e Tondo liscio. «Quello che posso garantire ai miei consumatori - ci dice - è una carta d’identità completa dei prodotti che coltivo su queste montagne, in tavola come nelle cassette che vendo qui in azienda o al mercato. E’ questo il nostro punto di forza, ciò che ci distingue da chi produce sui bordi delle autostrade. Ed è questo che chi vuole davvero salvare i piccoli produttori locali deve capire, operando di conseguenza».

Rosalba Paletta


Nella foto in alto Angelo Aiello nel suo frutteto di contrada Viterale, a Serrastretta

Nella foto al centro Angelo Aiello con in mano due pomodori di Belmonte prodotti nella sua azienda

Nella foto in basso alcuni degli ortaggi prodotti nell'azienda agricola di Viterale

(Pubblicato su "Il Domani" dell'11 settembre 2007)

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